di Jacopo Simonetta
Riprendiamo la nostra carrellata con un altro dei paesi più importanti: la Russia. Per le pillole precedenti si veda (qui, qui, qui e qui).
Se osserviamo la tendenza di lungo periodo, vediamo che la popolazione russa è cresciuta in modo esponenziale a partire dal 1500 circa, invadendo e colonizzando gradualmente l’Asia centrale e Parte dell’Europa orientale. Un processo che raggiunse il culmine durante il XIX secolo, per poi rallentare anche a causa delle due guerre mondiali. Parimenti disastrose sul piano demografico, ancorché di segno opposto su quello geopolitico. La prima segnò infatti la fine dell’Impero Russo, la seconda la nascita di quello Sovietico.
Per quanto riguarda il secondo dopoguerra, il tasso di accrescimento della popolazione calò rapidamente, a fronte di un tasso di mortalità che è calato fino alla metà degli anni ’60, per poi tornare a crescere leggermente. Il netto rallentamento della crescita demografica fu dunque dovuto soprattutto ad un forte calo della natalità e, secondariamente, ad un modesto aumento della mortalità. La cosa qui interessante è che ciò è avvenuto durante il periodo di massima espansione economica e politica dell’URSS.
Già questa una situazione che non coincide con la teoria, secondo cui la crescita economica dovrebbe causare prima un aumento e poi una stabilizzazione della popolazione.
Dal nostro punto di vista, è però ancora più interessante ciò che è accaduto dopo.
Il collasso dello stato sovietico, con la gravissima crisi economica che lo accompagnò, iniziò infatti alla metà degli anni ’80. Puntualmente segnato non solo da un balzo della mortalità (come c’era da aspettarsi), ma soprattutto con un ulteriore sdrucciolone della natalità, che raggiunse il minimo storico durante il decennio 1995-2005. Per poi riprendersi, ma solo in parte, a fronte di una migliorata situazione economica e di una maggiore stabilità politica. Un fatto questo molto importante perché diametralmente opposto alle previsioni fatte in base alla teoria. Ed un fatto ulteriormente confermato negli ultimi anni. Ma vediamo meglio che cosa è successo.
“A stato Putina”
Invece no. Il periodo nerissimo dell’economia russa corrisponde, approssimativamente, alla presidenza di Boris Yelstin. Ma la brusca ripresa della crescita economica avvenne fra il 1998 ed il 1999; cioè mentre Yelstin era ancora presidente e Putin era capo dell’ FSB (ex KGB) . Dunque le politiche economiche non erano di sua competenza. In effetti, le cause del rimbalzo siano state indipendenti dall’operato di Putin. Tuttavia è probabile che, come capo dei servizi segreti, abbia avuto modo di ostacolare il saccheggio allora in corso da parte delle imprese occidentali, appoggiate dalla mafia locale. Si occupò infatti di riportare sotto il controllo del governo le principali cosche mafiose, cosa che gli detto anche modo di avviare la costruzione di quella rete di oligarchi miliardari che a tutt’oggi costituisce l’ossatura della politica russa. Nel 1999, Putin (diventato nel frattempo primo ministro) fu anche colui che decise di invadere la Cecenia (allora semi-indipendente) e chiudere così la partita con il terrorismo islamista che, dallo staterello caucasico cominciava ad estendersi in altre regioni (la seconda guerra cecana fece tra i 25.000 ed il 50.000 morti secondo le stime).
Comunque, diventato presidente nel 2000, Putin stabilizzò per alcuni anni il tasso di crescita economica e ricostruì un apparato statale funzionante, ma con due problemi strutturali molto profondi. Il primo è che l’economia russa post crisi dipende totalmente dalle esportazioni di gas e di petrolio. Il picco del primo è alle spalle da un pezzo (fine anni ’80) e quello del secondo è probabilmente circa adesso (ma è troppo presto per esserne certi).
Il secondo problema è strettamente correlato col primo ed è l’estrema concentrazione della ricchezza in pochissime mani; un dato in tendenza con il resto del mondo, compresi UE e USA, ma molto più elevato. Entrambi questi fattori hanno giocato un ruolo determinate nello sviluppo della crisi, prima economica e poi politica, in cui anche la Russia si dibatte dal 2007.
Dal punto di vista demografico, il risultato è che durante il primo decennio circa dell’ “era Putin” la natalità è tornata a salire e la mortalità a scendere. Mentre da quando l’economia ha ricominciato ad andare male, la natalità ha fluttuato a cavallo della parità con la mortalità.
Certo altri fattori influenzeranno la demografia russa, primo fra tutti l’immigrazione da alcune delle repubbliche ex sovietiche; consistente soprattutto negli anni di relativa crescita economica.
Ciò nondimeno, a Mosca sono molto preoccupati, tant’è vero che da alcuni anni il governo sta portando avanti politiche decisamente nataliste sempre più martellanti, appoggiandosi sui sentimenti patriottici e religiosi della maggioranza dei russi, ma pare che per ora i risultati siano scarsi.
Nella prossima puntata parleremo dell’Italia.
Per chi vuole saperne di più sul “quadro d’unione” fra i vari termini della crisi sistemica in corso:
https://luce-edizioni.it/prodotto/picco-capre-libro-crisi-collasso-simonetta-pardi-vassallo/