Se leggete un articolo qualunque da una fonte qualunque sul tema: oil shale, fracking, tight oil&compagnia cantante, una delle prime cose che vi dira è che il crollo dei prezzi attuali è dovuto alla sovrapproduzione, causata dalla massiccia ondata di petrolio in arrivo dallo sforellamento compulsivo chiamato fracking. Non è che non sia, strettamente parlando, vero: l’economia mondiale ha rallentato, le energie rinnovabili cominciano a produrre quote crescenti di energia elettrica e, in buona sostanza, la domanda di petrolio è aumentata ma non quanto l’offerta. Che il petrolio sia estremamente reattivo alle oscillazioni domanda/offerta, è cosa nota. I prezzi sono decisi dall’ultimo barile venduto e l’ultimo barile venduto è anche quello più caro. Bastano piccole oscillazioni nella domanda per provocare grandi oscillazioni nei prezzi. In sostanza oltre i due terzi della produzione derivano da pozzi a costi di estrazione relativamente bassi, per lo più in giacimenti noti e sfruttati da decenni. I pozzi di nuova realizzazione, e fra questi, ovviamente, quelli che utilizzano il fracking, vanno a coprire solo gli ultimi % della domanda e possono funzionare solo a prezzi del petrolio oltre i 60-80 dollari. Fin qui tutto chiaro. Ora viene però la parte interessante: come saprete, se no non sareste lettori di crisis , sono dieci anni che aspo ed un po tutti noi conduciamo una (quasi) solitaria battaglia per vedere riconosciuto in primo luogo il concetto stesso di peak oil ( battaglia quasi vinta, ad onor del vero) in secondo luogo il fatto che il peak oil è prossimo e produrrà effetti imponenti sulle economie di tutto il mondo, costituendo un vero e proprio spartiacque nella storia economica e sociale dell’umanità.
Ecco: questa seconda parte, visto quel che implica a livello di scenari, è quella che i media main stream si rifiutano di avvallare ed anzi irridono, minimizzano, combattono confutano, dispregiano etc etc. Si direbbe che l’attuale crollo dei prezzi renda ancora più difficile il compito di aspo e più ardua la battaglia per far valere i suoi dati, scenari e proiezioni. Ed in effetti MOLTI, come vedete dai links, hanno scritto della fine del peak oil.
Il punto è che non solo le cose non stanno cosi ma presto, MOLTO PRESTO, gli stessi produttori dovranno, ripeto DOVRANNO ammettere ed anzi far proprio il concetto di peak oil. Perchè? per gli stessi motivi per cui lo stanno facendo i produttori d’oro! A causa dell’analogo crollo deli prezzi, ridotti a poco più della metà di qualche anno fa, l’oro è estratto in perdita o con guadagni estremamente marginali in buona parte delle miniere mondiali. Chiudere una miniera è una operazione estremamente gravosa che si preferisce non fare in quanto i capitali necessari alla sua riapertura sono ingenti e possono superare quelli dell’apertura di una miniera nuova. Quindi si preferisce, per ora, produrre in perdita o quasi, pur di mantenere la capacità estrattiva, contando su un aumento della domanda; o meglio: si ASSICURA che la domanda risalirà. Perchè? Perchè l’oro è una risorsa finita e nel 2014 o 2015 dovremmo raggiungere il picco della produzione!!.
Chi l’ha detto? un poco tutti gli analisti ed operatori in ordine sparso ma eccone uno per tutti il CEO della piu’ grande società mineraria del settore sul Wall street journal, credo che basti. La cosa è clamorosa, converrete: il peak gold diventa la chiave di volta della strategia di sopravvivenza dei produttori: niente peak gold, niente rifinanziamento da parte degli azionisti, niente Società minerarie del settore. Per sopravvivere devono non solo ammettere ma PUNTARE sul peak gold!
La stessa storia si ripeterà, si DEVE ripetere PRESTO e su scala MOLTO più grande, nel settore petrolifero: l capitali a rischio default, investiti nel fracking, ammontano a trilioni di dollari, un multiplo di quelli messi a rischio dalla famosa crisi dei mutui subprime. SE davvero il picco del petrolio non fosse prossimo, se davvero i “cornupiani” avessero ragione, l’intero settore negli USa sarebbe spacciato. Con lui il sistema bancario americano etc etc etc ( senza contare le centinaia di migliaai di posti di lavoro creati nel settore). QUINDI? Quindi per evitare il panico e/o ottenere finanziamenti da parte della fed, con qualche creativa forma di quantitative easing esiste solo una strada: garantire che i capitali investiti torneranno e on alle calende greche ( i pozzi hano durate limitate, ne caso dle fracking). C’e’ un solo modo, ammettere, prima a denti stretti poi a a voce alta, poi urlandolo a squarciagola che…che che… IL PEAK OIL E’ UNA REALTA’!!