“ La paura fa 90”, si diceva un tempo. In effetti poche cose funzionano bene come la paura per far correre la gente. Il problema è che se mette il turbo ai piedi, lo toglie al cervello. In altre parole, quando si ha paura si corre veloci, ma difficilmente si sceglie la buona direzione.
Facciamo un esempio d’attualità: il terrorismo.
La parola in origine significava una forma di governo basata sul terrore. Gli esempi storici spaziano Dionigi (tiranno di Siracusa), a Nerone, fino a Pol Pot, passando per gli immancabili Adolf & Joseph. Ai giorni nostri la Corea del Nord, per capirsi. Un uso giornalistico del termine lo ha esteso a gruppi criminali più o meno politicizzati che usano il terrore come strumento per perseguire i propri scopi. Talvolta si tratta semplicemente di controllare il traffico di stupefacenti su di una certa rotta, talaltra di acquisire fama internazionale a buon mercato; fino alla destabilizzazione di interi stati, secondo i casi.
Una sola cosa hanno in comune questi e gli altri esempi possibili: ammazzare più gente possibile più o meno a caso, in modo che l’opinione pubblica, e dietro di essa i governi, facciano quello che i terroristi desiderano. Può essere avere i titoloni gratis sulla stampa nazionale o mondiale, come l’elargizione di soldi e protezioni in cambio di tranquillità. Oppure il varo di norme vessatorie che allarghino la base d’appoggio dei criminali e molto altro ancora.
Ci sono molte cose che si possono fare per contrastare il terrorismo. Molte di queste sono appannaggio dello stato: polizia, servizi segreti, esercito, eccetera. Ma la principale rimane in carico ad ogni cittadino: non lasciarsi terrorizzare.
Quando ci sono decine o centinaia di morti la rabbia ed il dolore sono normali, la paura anche, ma il terrore è un’altra cosa.
Quanta gente ammazzano i terroristi?
La figura 1 illustra i risultati di un sondaggio che stima il rischio reale ed il rischio percepito:
Si capisce a colpo d’occhio che ciò che fa più paura (attacco terroristico, incidente aereo, elettrosmog) non ha niente a che fare con ciò che è più pericoloso (cancro, incidente d’auto, surriscaldamento climatico).
E come andavano le cose quando la maggior parte di noi era giovane? Decisamente i venti anni dal ’70 al ’90 sono stati assai peggiori, eppure non ci sono state le crisi di nervi collettive, né lo stato di emergenza imposto ad intere nazioni a tempo indeterminato.
Se poi andiamo a vedere la percentuale di vittime, troviamo che l’Europa è un bersaglio del tutto marginale nelle diverse strategie terroristiche attualmente in atto nel mondo: 420 morti contro oltre 108.000 nel resto del mondo. (N.B. il dato relativo agli USA è sottostimato in quanto non considera i morti in sparatorie provocate da soggetti di estrema destra. Il dato sulla Siria non comprende i morti nei bombardamenti governativi che sono l’80% dei civili uccisi).
Questo non significa che dobbiamo far finta di niente o minimizzare. Significa però che la nostra abituale reazione (farsi prendere dal panico) è assolutamente ingiustificata. Peggio: è probabilmente quello che i terroristi sperano che facciamo. Dunque è il miglior incentivo alla loro azione.
Altre fonti e studi troveranno risultati un po’ diversi, ma la sostanza non cambia: ci stiamo comportando collettivamente in modo più sbagliato possibile.
Che facciamo?
Per essere chiari, non saranno certamente le marce per la pace che fermeranno il terrorismo, ma neppure le squadracce che picchiano chi gli capita a tiro. Il terrorismo, inteso in senso moderno, è una parte inevitabile del nostro mondo e lo sarà ancora per decenni. Possiamo fare molto per limitarlo, ma niente per eliminarlo. Tant’è imparare a conviverci, pur senza smettere di ostacolarlo. Il desiderio di sicurezza è legittimo e naturale, ma può facilmente condurre a qualcosa di infinitamente peggio di una certa dose di terrorismo criminale: un terrorismo di stato. Perché dai criminali, almeno in parte, ti protegge lo stato, ma dallo stato, chi ti proteggerebbe?
E qui torniamo agli esempi storici di terrorismo. Se è vero che probabilmente l’unico governo attuale autenticamente terrorista è quello di Kim Jong-Un, è altrettanto vero che sono molti i governi che stanno adottando la paura non solo come metodo di repressione del crimine, ma anche come strumento politico. La fine di Regeni è abbastanza indicativa in questo senso, ma sono tanti i paesi dove essere all’opposizione costa la vita od il carcere.
Perfino nel cuore dell’Europa assistiamo ad una deriva simile. I provvedimenti turchi contro la libertà di stampa, lo stato d’emergenza sine die in Francia sono solo la punta di un iceberg che stiamo assemblando pezzo per pezzo. Siamo ancora molto lontani da governi terroristi, ma la distanza diminuisce e l’esperienza dimostra che la differenza fra protezione e prevaricazione tende a sfumare col tempo.
La gradualità è il modo migliore per rendere impercettibile l’attraversamento di certe soglie che, viceversa, dovrebbero essere evitate a qualunque costo. Anche a costo di morire per mano di una banda di pazzi criminali.