Arieccoci. Siamo sotto elezioni,e naturalmente una bella Sea watch, nave di una omonima ong che cerca di intercettare i gommoni che partono dalla Libia prima che affondino, ci sta proprio a fagiolo. Per stracciarsi le vesti, ergersi a fiero difensore della battigia italica, etc etc. Il teatrino è il consueto: la nave ferma davanti ad un porto italiano, in attesa per giorni, mentre quelli a bordo si arrangiano come possono. Giuramenti e spergiuramenti che i barbari non passeranno, che i porti italiani sono chiusi.
Poi, nella notte, mentre si affermano proprio queste cose a Firenze, di fronte a 4 gatti e 2000 contestatori, con tono abbastanza stentoreo da farsi sentire fino a sotto le mie finestre, il distrattissimo Ministro scopre che i migranti sono sbarcati e si apre un altro giro di accuse reciproche. Si profila un’altra storia simile a quella di un anno fa.
Intanto, per ricostruire la storia, conviene partire dai tweets della ONG.
I migranti sono stati raccolti a 30 miglia dalle coste libiche. Una motovedetta “” libica” ( le virgolette sono d’obbligo, il cosiddetto governo libico, riconosciuto da pochissimi altri stati oltre l’Italia, controlla, a malapena, alcuni quartieri di Tripoli) si rifiuta di farsene carico e invita la nave dell’ONG a “dirigersi a Nord”. Prima di tirare fuori le solite storie da ignoranti ( perché non sono andati a Tunisi, perché non sono andati a Malta etc etc etc) ricordatevi di una cosa, fondamentale: la zona SAR ( Search And Rescue) che parte dalla costa ed arriva fino a circa cento miglia a Nord è stata assegnata alla “Libia”, ma, come coordinamento, ALL’ITALIA.
La Storia della tragica farsa di questa zona SAR libica è stata raccontata da tante fonti, tra le quali citerò questa.
OVVIAMENTE, su Crisis di questa e delle altre SAR ho ampiamente scritto, ad esempio sull’analogo post “dei migranti delle sar e delle balle,”di circa un anno fa.
Una volta che la vedetta libica non prende a bordo i migranti ( peraltro, credo che nessuno lo contesterà, la Libia non ha, in questo momento, sotto piena guerra civile, alcun porto sicuro, come ha ammesso anche il nostro ministro Moavero, alcuni mesi fa) la zona di competenza essendo coordinata dall’Italia, TOCCA ALL’ITALIA.
O crediamo che, per farci un piacere, La Tunisia o Malta avrebbero accettato di farsene carico?
Poco probabile, no?
Quindi la cosa è semplice, al netto di tutte le elementari norme e regole di civiltà umana: La nave della Sea Watch non poteva fare altro che navigare verso le coste italiane.
L’Italia, ormai da molti mesi, come testimoniano anche alcune tragedia avvenute in mare, tra tutte citerò quella di Josefa non coordina un bel nulla. In assenza di controlli, i libici, che peraltro hanno confermato di recente che il coordinamento SPETTA ALL’ITALIA, fanno di tutto e di più e, sopratutto, di peggio.
Lo sbarco in Italia, quindi, era un atto dovuto, nonostante quel che il nostro ignorantissimo Ministro degli interni ( che peraltro NON ha competenza sulle operazioni di polizia marittima e, se per quello, nemmeno sui porti) stentoreamente proclamava quella sera a Firenze.
La cosa , secondo me, tremenda è che si sia dovuto aspettare un magistrato e il suo ordine di sequestro, per fare sbarcare le persone.
In questo basso impero, come in ogni basso impero che si rispetti, le competenze sono minime, i poteri sono confusi, le grida si alzano sempre più feroci in maniera inversamente proporzionale alla capacità di dare seguito ai proclami.
OVVIAMENTE l’indagine si chiuderà in una bolla di sapone.
A meno che non si dimostri un accordo tra i trafficanti di persone e l’equipaggio della Sea Watch, la nave aveva sia il diritto che il dovere di recuperare quelle persone e non aveva alternative a fare rotta verso un porto Italiano.
Bisogna dire che in questa circostanza il Ministro Salvini si è lasciato superare, come deliri nazionalistici di destra, da Giorgia Meloni che prima dimostra la sua totale ignoranza in materia ( o la sua spregiudicatezza nel mentire sapendo di mentire, a scelta) e poi propone di affondare la nave, un atto di guerra nei confronti del paese di cui la nave porta la bandiera.
Naturalmente, la spiegazione più semplice è che a nessuno importi un beato tubo dei migranti, di quanti siano e di cosa facciano, davvero, in Italia.
Interessa, molto di più, quanti voti si riescono a spostare con qualche proclama sufficientemente sanguinoso che li utilizza come bersaglio.
Finché ce ne sono, possibilmente tanti, possibilmente disperati, sono un pacchetto consistente di voti. Perché rimandarli indietro quindi?
I due milioni stanziati a tal fine nel cosiddetto “pacchetto sicurezza” che dovrebbe essere discusso nei prossimi giorni, la dicono lunga sulle reali intenzioni ed anche sulla buona fede del nostro Ministro degli Interni.
Ho una consolazione. Non durerà di più del suo omonimo predecessore.