Le ultime notizie danno il superbonus rinnovato fino al 2023 per le case popolari e al 2022 per gli altri. Ad esclusione delle case unifamiliari, per le quali sarà previsto un tetto al reddito isee, si parla di 40.000 euro.
Il superbonus 110% e’ la singola misura più importante per l’economia e la transizione. A patto, naturalmente, che si evitino sovrapprezzi, lavori approssimativo, certificazioni false etc etc.
Infatti, tra IVA, irpef ed IRAP, più gli altri mille balzelli, i supposti alti costi della misura vengono immediatamente recuperati per oltre il 50%. L’aumento del fatturato nelle piccole e piccolissime imprese, quelle che tipicamente lavorano nei piccoli condomini e sulle villette, si traduce in aumento dei consumi, parola che odio, diciamo della spesa dei titolari e dei dipendenti, che a loro volta aumentano di numero, ovviamente.
Più occupati, più pil, più tasse ( il superbonus impedisce l’evasione, ovviamente). Di fatto, dopo un paio di giri, l’intera cifra stanziata, qualcosa di più, qualcosa di meno, ritorna allo Stato, dopo aver, nel complesso, diffuso benessere nel paese. I consumi energetici delle famiglie interessate dai lavori diminuiscono di una % compresa tra il 50 ed oltre l’80%. Il che si traduce in un risparmio netto per il sistema paese, che, come noto, importa oltre il 90% delle sue risorse energetiche dall’estero.
La cosa ha anche un ruolo strategico: l’indipendenza di un paese, in un mondo dove le prossime guerre saranno guerre per le risorse, e’ prima di tutto energetica. Senza contare l’ambiente, ovviamente.
In questo contesto, su oltre 200 miliardi di recovery fund, se ne è inteso dedicare ben meno del 10% a questa voce ed in finanziaria le cose andranno pure peggio. E’ chiaro che non si rietiene questa misura particolarmente utile. Per ridurre gli investimenti, però, era necessario scompaginare il fronte, piuttosto compatto, dei partiti a favore, praticamente tutti.
Altrimenti sarebbe troppo evidente comprendere chi comanda davvero, dietro l’intenso gioco di gambe delle marionette sul palco. Quindi si è inventata la storia delle ville e villette. Innanzitutto, bene sapere, le ville e gli edifici censiti come di lusso, sono GIA’ESCLUSI dal superbonus e fin dall’inizio. Restano quindi gli edifici unifamiliari. Quasi un quarto degli italiani vive in edifici unifamiliari non accatastato come edifici di lusso.Certo: ci saranno anche imprenditori e professionisti dagli alti redditi. Ma la maggior parte sono persone normalissime, forse con stipendi appena più alti della media, buona parte imprenditori agricoli ( contadini, se volete) piccoli commercianti, quadri di qualche impresa, piccoli funzionari, giovani professionisti, pensionati. Forse saprete che anche la casa di proprietà contribuisce al reddito isee, per una percentuale anche assai elevata, specialmente per i redditi piccoli. Di fatto vivere in un villino di proprietà, con un reddito di 15-20.000 euro sara’ probabilment sufficiente per essere esclusi dal superbonus, se, come probabile, il tetto sarà di 40.000 euro di reddito ISEE. Spero che abbiate presente di cosa, tipicamente stiamo parlando. NON le ville: le villette.
Abbiamo tutti negli occhi la tipica villetta, tipicamente anni ‘60/70. Possiamo disegnarla, ad occhi chiusi: semplice telaio in cemento armato, muri di tamponatura in foratini, infissi economici, raramente in legno, più spesso in alluminio anodizzato, tetto non coibentato, riscaldamento a gas, di solito senza caldaia a condensazione…Un monumento all’inefficienza. Magari ci vivete. Magari ci avete vissuto. Nel caso, saprete come le spese di riscaldamento, specie se state al nord, sono quasi insostenibili e vi preparate a rinunciare ad ogni spesa voluttuaria o meglio, non indispensabile, per coprire gli aumenti del prossimo inverno.
Il motivo è ovvio: un edificio isolato di una determinata cubatura ha almeno il doppio di superficie esposta rispetto ad un identico immobile in un condominio. Data la qualità media del costruito e la inesistente attenzione al risparmio energetico di cinquanta anni fa, i suoi consumi oscillano tra il doppio ed il triplo di un appartamento normale. La mia esperienza personale, in quel di Moncalieri, una quindicina di anni fa, al primo piano di una villetta, con una bella parete vetrata esposta a sud, era: il quadruplo.
Ancora: sui condomini, a maggior ragione sui condomini più grandi, con decine di appartamenti, le cifre che si possono dedicare alla coibentazione sono talmente enormi che di fatto agevolano i sovracosti e sono comunque anticipabili solo da grandi imprese, con le spalle ben coperte. Le piccole imprese edili sono escluse. Il contrario e’vero per piccoli condomini e villette unifamiliari. Quello è il regno delle piccole imprese. In termini di posti di lavoro creati, spero sia ovvio: mille volte meglio novanta singoli interventi su altrettanti villini che un unico intervento su un grande condominio da novanta appartamenti. La maggiore intensità di manodopera si traduce in un aumento dei posto di lavoro, aumento della spesa dei dipendenti, con la creazione di posti di lavoro, maggiori introiti per lo stato etc etc etc.
Quindi, a rigor di logica, gli interventi ultramilionari sui grandi condomini andrebbero contingentati ( basterebbe una modifica basata sui metri quadri efficacemente isolati e sui kg di CO2 risparmiati, facilmente calcolabili), quelli sui villini e in generale gli edifici minori, fortemente incentivati.
Se lo scopo e’ quello di massimizzare il risparmio energetico, se lo scopo e’ quello di massimizzare i posti di lavoro creati, questa sarebbe la strada.
La cosa e’ non sindacabile. La cosa e’ indiscutibile. Infatti, non viene ne sindacata ne discussa. Con una ipocrisia invereconda il dibattito sarà sul reddito isee di ingresso per avere diritto al superbonus MA solo per i villini.
Ovvero: il direttore di banca, che vive nel suo bell’attico di 200 metri quadri, insieme ai suoi benestanti condomini, magari in affitto, avrà tempo fino al 2023 per i lavori e gli verrà riconosciuto il superbonus. I milioni di italiani microborghesi che popolano gli analoghi milioni di villini, no.
Ripeto: una soluzione corretta esiste e dovrebbe partire dai kg di CO2 risparmiati all’anno. Il beneficio, anche monetario, e’ misurabile: un litro di petrolio, un metro cubo di metano, equivalgono a circa 3 kg di CO2, ordine di grandezza. Ci sono numerosi studi che indicano gli extracosti dovuti ad ogni kg di CO2 emesso in circa un euro. Benchè i valori ufficiali attuali, presi in considerazione nei piani strategici siano molto inferiori ci sono indicazioni che i costi in tali scenari sono fortemente sottostimati. Fra i tanti studi citerò QUESTO.
Risparmiare mille metri cubi di metano significa risparmiare ( ordine di grandezza) 3000 kg di CO2 di emissioni. Riconosciamo questo, su 30 anni, durata ragionevole e forse prudenziale degli interventi, prezziamo il danno ambientale sociale economico evitato in un euro al kg ( una stima che potrebbe perfino essere ottimistica, si veda lo studio precedente) ed otteniamo 90.000 euro. UN valore estremamente simile a quello attuale di 96mila euro. Niente più complicazioni: % di superfice coibentata, certificazione degli infissi, valori di riflettanza dei materiali etc etc etc
CONTA IL RISULTATO, liberamente ottenibile. La stima certificata dei consumi prima e dopo l’intervento, Una cosa che peraltro discende, DIRETTAMENTE dalla certificazione energetica, ugualmente già necessariamente asseverata nel superbonus attuale.
La cosa sarebbe semplice, elementare, verificabile ( consumi energetici prima e dopo l’intervento) equanime, applicabile ad ogni edificio, escluso quelli di lusso, naturalmente. Applicabili ad interventi modesti e meno modesti o addirittura di demolizione e ricostruzione. In questo modo scopriremmo che la riduzione che si ottiene con la coibentazione die famosi 90 villini di cui sopra è un multiplo importante di quella che si ottiene con un grande condominio da 90 appartamenti, stessa superfice. Si allocherebbero con maggiore giustizia i fondi disponibili.
Si massimizzerebbe il risultato, oltretutto restituito in termini semplici per l’analisi costi/enefici conseguiti.
Anche perchè il bailamme di certificazioni asseverazioni etc etc attuale scoraggia gli interventi minori, onera di lavoro peraltro ben rietribuito i profesisonisti, aumenta la probabilità di errori, furbate, extracosti.. Più si tengono le cose semplici più aumenta la possibilità di controlli efficaci, addirittura in remoto, con la semplice verifica dei consumi prima e dopo l’intervento…
L’uovo di Colombo dite? Semplicistico, dite? Può essere.
Ma l’uovo di Colombo, dopo tutto, era una grande quanto semplice idea.