Perinde ac cadaver Quante volte avete letto questa locuzione? Di solito si interpreta: fino alla morte. Obbedienza fino all’ultimo.
In realtà, Ignazio di Loyola intendeva: obbedienza cieca, assoluta, come un corpo morto:
”Persuasi come siamo che chiunque vive sotto l’obbedienza si deve lasciar portare e reggere dalla Provvidenza, per mezzo del superiore, come se fosse un corpo morto (“perinde ac cadaver”), che si fa portare dovunque e trattare come più piace”.
Bene: Questa locuzione rispecchia perfettamente la decisione della BCE di rialzare i tassi, per combattere l’inflazione.
Rialzare i tassi significa, prima di tutto, un buon affare per le banche, che si vedono ormai raddoppiati gli interessi sui mutui.
In generale, per i grandi capitali. L’inflazione diminuisce il valore del denaro. Erode i grandi capitali.
Ovviamente la presidente ( p minuscola non casuale) della BCE, con aria addolorata, spiega come l’inflazione eroda i risparmi della gggente, i sudati soldini che tanto hanno faticato ad accumulare. Peccato che rialzando i tassi si rallenti l’economia fino a portarla alla recessione. Il costo del denaro, gli interessi sul mutuo che le famiglie pagano, sono già raddoppiati.
un’economia che si ferma e’ un’economia che lascia le persone senza lavoro e quindi, molto rapidamente, senza risparmi.
Questo, in termini generali. Nel caso specifico le cose vanno pure peggio: buona parte dell’inflazione ha origini esogene: NON è dovuta al surriscaldamento dell’economia ( anzi!!) ma all’aumento dei costi delle materie prime, petrolio e gas in primis. La domanda di questi beni e’ rigida: per ottenere piccole oscillazioni nella domanda si devono avere oscillazioni molto più grandi nell’economia. Per raffreddare i prezzi ALMENO del 10% (l’inflazione in Europa sta da quelle parti) bisogna raffreddare la domanda almeno di qualche percento. Ve lo devo dire? Un aumento di dieci volte dei prezzi del gas ha fatto calare la domanda di qualche punto percentuale. Forse del dieci per cento. Ed ha azzerato la crescita. Peraltro, i prezzi restano alti e risaliranno quando, ad Aprile, si aprirà la corsa a riempire gli stoccaggi vuoti.
In sostanza, l’inflazione, che dipende dai prezzi delle materie prime, origine esogena, non scenderà fino a che i prezzi non scenderanno. Non basterà una tregua o la fine della guerra in Ucraina, ovviamente. Credete che ricominceremo a fare affari con la Gazprom come niente fosse successo?
per costruire un’alternativa ci vorranno soldi e tempo. Molti soldi, molto tempo.
Nel frattempo i prezzi delle materie prime resteranno alti, al massimo di quello che l’economia mondiale può permettersi senza collassare. In questo contesto, la politica della BCE avvicina il collasso. Aumenta le probabilità di un Minsky point, di un cigno grigio o nero, etc etc. Frenare l’economia nel momento in cui già zoppica può portare all’esplosione dei protesti e quindi del sistema bancario.
Per difendere il denaro, loro unico Dio anzi: dio, rischiano di ucciderlo.
il denaro e’ fiducia nell’utilita’ differita nel futuro rappresentata, giustappunto, dal denaro stesso. Nel momento in cui il futuro si chiude, gli scenari sono di peggioramento, il valore del denaro si riduce. Di fatto, cercando di difendere i grandi capitali dall’inflazione, rischiano di fare collassare il sistema.
E quindi farli direttamente scomparire, i grandi capitali.
Ma allora, perché lo fanno? Sono stupidi?
Ciascuno si dia la risposta che può.
ecco la mia: Perché hanno giurato fedeltà circa ed assoluta al loro dio. Obbediscono senza alcuna considerazione personale. Come corpi morti portati di qua e di la.
Ero un pipistrello felice. Con migliaia di miei simili vivevo in una bella e comoda caverna, in oriente. Un giorno sono arrivati degli esserini, brutti, gnudi, sudici e rumorosi, che hanno cacciato gli orsi con cui condividevamo da millenni la nostra dimora. Essendo ignudi, erano malaticci.
Tentavano di scaldarsi con grandi fuochi, che hanno fatto ammalare e poi hanno scacciato tanti miei simili. Ma si ammalavano lo stesso anche loro, perché anche a loro respirare tutta quella fuliggine non faceva bene.
Un giorno, una folata di vento ha spinto il fumo nell’angolo di caverna dove stavo io. Soffocato, stordito, mi sono alzato in volo, ma, accecato, ho sbattuto contro una stalattite e sono caduto.
Mi ha raccolto un giovane uomo, si chiamano così, quegli esseri ignudi, mi ha guardato, con gli occhi arrossati, con il naso gocciolante, con un colorito paonazzo, che denotava come fosse ammalato e forse per quello ridotto al poco gratificante compito di sterminare la mia inerme specie e non qualche fiero predatore primario o qualche erbivoro apicale.
Poi, mentre aspettavo la mia inesorabile e dolorosa dipartita, infilzato in uno spiedo come alcuni miei compagni che già avevano subito la stessa fine, un attacco convulso di tosse l’ha colpito.
Sono stato accolto da una nuvola di goccioline di secrezioni dell’orrido troll, e lasciato cadere.
Mentre l’energumeno si dava grandi colpi sul torace e sbatteva le zampe anteriori qua e là, barcollando sono risalito su una parete ed ho spiccato il volo, libero.
Sono passati tre giorni ed ho un malessere mortale. Il mio respiro e’ affannnoso, la febbre mi assale. Si avvicina l’inverno, sento che non rivedrò le belle notti d’estate.
Nel dormire accanto ai miei cari, ai miei simili, stretti stretti, per difendersi dall’umidità e dal freddo notturno, nei pochi angoli di caverna dove non arriva il fetore di quelle laide bestie, ho trasmesso, senza volere, il mio morbo ad altri. Così che ora siamo in tanti, ammalati e forse, entro breve, lo saremo tutti.
I più forti e fortunati vedranno ancora la pallida selene illuminare con la sua inconsapevole luce le fervidi notti estive.
Noi, che ce ne andiamo, possiamo solo lasciare un testamento morale: evitate l’uomo, se potete. Rendetegli la pariglia, quando sarà il momento.
Sono un pipistrello, amo la notte. Pure, ora che si avvicina quella finale, tra un brivido ed un colpo di tosse, agogno di vedere il sole. Forse sbagliammo a rifugiarci nelle caverne. Forse sbagliammo a non affrontare ogni giorno, coraggiosamente, la sfida della vita, come i nostri cugini di terra, nutrendo beffardamente i nostri predatori, nella consapevolezza che il numero e’ forza e la furbizia vince sia il numero che la forza.
Compatisco infine, quelli esseri ignudi, che non accontentandosi di sterminare il resto del creato con le loro ridicole ma tragicamente efficaci armi, ora cercano anche di ammorbarlo, con le malattie che la loro condotta sconsiderata, allontanatisi dai loro territori, provoca e provocherà.
Il Comune di firenze, da alcuni mesi, si è impegnato a rimuovere i numerosissimi limiti all’installazione del fotovoltaico nel territorio comunale, così numerosi da rendere praticamente impossibile, tra vincoli e prescrizioni, installare anche semplici impianti domestici, salvo che in poche zone periferiche e/o degradate.
Una lodevole iniziativa, che arriva dopo anni di tira e molla, che indubbiamente permetterà a tanti concittadini volenterosi di alleggerire le proprie bollette ed anche il proprio impatto sul pianeta.
Peccato che la bozza, in visione presso il sito del Comune a questo indirizzo riporti, per il centro Storico di Firenze, la cosidetta “zona Unesco”, la seguente proposta di modifica dell’art 65 del Regolamento Urbanistico:
“Art. 65 | ambito del nucleo storico Divieto assoluto di installazione degli impianti sia sulle coperture che a terra”.
che costituisce, paradossalmente, un deciso passo indietro rispetto al previgente impianto normativo.
A mero titolo di esempio si osservi infatti il seguente articolo 11 delle Norme tecniche di attuazione de regolamento strtturale vigente e la proposta di modifica, in rosso dalla quale scaturisce quanto appena riportato:
Art. 11
Invarianti 11.1. […] 11.2. […] Nelle aree comprese nelle invarianti interessate da provvedimenti di tutela paesaggistica, coerentemente con quanto previsto dal PIT con valore paesaggistico, il Regolamento Urbanistico dovrà garantire che: – sugli edifici esistenti con caratteristiche tipologiche legate alla tradizione dei luoghi non sia consentita l’installazione di pannelli fotovoltaici, pannelli solari, elementi accessori di impianti di varia natura, ad eccezione di quelli caratterizzati da accorgimenti progettuali per una installazione mitigata e/o con schermature e non siano ammesse aperture sotto forma di terrazze a tasca e lucernari sulle falde di copertura sui fronti principali, mentre possono essere eventualmente ammesse su quelli tergali e secondari;
nelle aree aperte non dovrà essere consentita l’installazione degli impianti per pannelli fotovoltaici e solari e di impianti eolici, ad eccezione degli impianti eolici di altezza al rotore inferiore a 22 metri, per i quali deve essere comunque effettuata specifica valutazione di inserimento paesaggistico. In materia di installazione di impianti per la produzione di energia da pannelli fotovoltaici e solari, nel rispetto delle previsioni del PIT con valore paesaggistico e del Piano Ambientale ed Energetico Regionale (PAER), il Regolamento Urbanistico dovrà garantire che: – nelle aree interessate da provvedimenti di tutela paesaggistica l’installazione degli impianti sia progettata in relazione alle caratteristiche dell’immobile e alle visuali intercettate; non preveda il mero appoggio di elementi sulla copertura, a favore di una confacente integrazione, impiegando adeguate soluzioni tecnologiche, geometriche, cromatiche e di messa in opera, affinché non siano visibili gli elementi di bordo e di supporto. I serbatoi o altri elementi accessori andranno posti all’interno dei volumi costruiti; – sia consentita l’installazione di impianti a terra con le modalità e nei limiti previsti dalla normativa vigente in materia, privilegiando l’utilizzo di superfici antropizzate, degradate o comunque non idonee ad altri usi, fatta eccezione per le zone omogenee A, il sub -sistema dei fiumi Arno, Greve e del torrente Ema e il sub -sistema del bosco; – non sia consentita l’installazione di pannelli fotovoltaici o solari all’interno dell’Ambito del nucleo storico (zona A).
Intendiamoci: il Regolamento urbanistico al’articolo 65, vietava comunque il fotovoltaico sui tetti del centro storico, ma almeno tale divieto on era dichiarato subito, di principio ma solo come norma applicativa di dettaglio.
Si dirà che nel centro storico si deve privilegiar eil mantenimento della storicità degli edifici, la visione dei tetti antichi dall’alto dei monumenti etc etc… Peccato che non vi siano analoghi divieti assoluti o particolari stigmi per l’installazione di parabole, antenne, sistemi di raffreddamento dei condizionatori, cappe di aspirazione dei ristoranti, per non parlare di lucernari, terrazze a tasca, solo recentemente normati in senso restrittivo…questi non sono maledettamente impattanti, ben più di qualche pannellino complanare, visto che sporgono dal profilo del tetto, senza apportare alcun beneficio alla comunità ed al pianeta?
Più delle parole basterà una foto, quella in testa a questo articolo.
Vedete da soli la selva di elementi incongrui e l’impatto visivo di un impianto casalingo minimale ( tre pannelli)
Ma il punto è più profondo: nessuno mette in dubbio il buon diritto all’informazione televisva e la relativa antenna: si tratta di un apparato tecnologico non bello ma ormai accettato, perchè parte della vita di tutti i giorni. Nessuno mette in dubbio la necessità di rispettare le norme igieniche e di sicurezza minime di lavoro nella cucina di un ristorante e quindi nemmeno le necessarie ( e brutte e visibili) cappe aspiranti e relativi camini in acciaio inox. Nessuno mette in dubbio l’utilità di aumentare areazione e salubrita nei locali abitabili sottotetto in edifici antichi… Nessuno mette il dubbio il diritto di mitigare l’afa cittadina con l’installazione di un impianto di condizionamento…si potrebbe continuare, ma ci siamo capiti.
Allora perchè si deve vietare, al contrario delle norme previgenti, IN ASSOLUTO l’installazione di impianti fotvoltaici? E’ tempo di superare questo blocco psicologico e quanto mai fallace nei confronti di qualcosa di così poco invasivo e cosi utile per l’ambiente: ogni singolo pannello alleggerisce i conti di una famiglia di qualche centinaio di euro all’anno, ai prezzi attuali : Non solo: fa risparmiare emissioni equivalenti ad un barile di petrolio all’anno. Ogni singolo pannello!!
Ma vi è di più: La norma in questione, il divieto assoluto di installazione in Centro, ove fosse approvata, sarebbe FUORILEGGE!!!
In presenza dei vincoli di cui al primo periodo, la
realizzazione degli interventi ivi indicati e' consentita previo rilascio dell'autorizzazione da parte dell'amministrazione competente ai sensi del citato codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004. Le disposizioni del primo periodo ( edilizia libera, nessuna necessità di autorizzazioni, nda) si applicano anche in presenza di vincoli ai sensi dell'articolo 136, comma 1, lettera c), del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, ai soli fini dell'installazione di pannelli integrati nelle coperture
non visibili dagli spazi pubblici esterni e dai punti di vista panoramici, eccettuate le coperture i cui manti siano realizzati in materiali della tradizione locale ».
Riconosco che è un poco criptico ma, in sostanza, si può riassumere così: L’installazione di pannelli fotovoltaici è edilizia libera e non richiede alcun tipo di autorizzazione anche nei centri storici e nelle aree in generale denominate di tipo A ed anche nelle zone espressamente sottoposte a vincolo paesaggistico, purche i pannelli siano integrati nelle coperture. Anche laddove queste siano in materiali tradizionali, l’installazione è consentita ma in tal caso ci vorrà l’autorizzazione paesaggistica, come ulteriore prescrizione.
Non è prevista alcuna possibilità per le amministrazioni locali di definire norme più rigide ed in tal senso si sono già espressi, numerose volte i TAR di moltissime regioni e, un paio di volte, anche la corte costituzionale.
QUINDI, a modesto giudizio dello scrivente: la modifica prevista al regolamento Comunale di Firenze nasce illegale e va immediatamente modificata.
Provvediamo?
PS: Il giudizio su quel che si può o non si può fare, giova ricordare, non è solo mio: a mero titolo di esempio, citerò questo sito essendo un punto di riferimento per professionisti.
Un progetto in corso di approvazione per una casaclima “attiva”, sulle colline di firenze
Riprendo dal post precedente.
Dicevamo degli effetti, comunque positivi del Superbonus con costi REALI per lo Stato quasi nulli o addirittura on un utile netto per lo Stato…
Ma è la migliore misura possibile? Beh… ovviamente no.
Intanto perché a causa dell’enorme complessità raggiunta, una buona percentuale dei costi vanno in parcelle professionali per le asseverazioni, certificazioni, vidimazioni varie, che zavorrano di oneri quasi intollerabili committenti, progettisti, direttori lavori.
Poi perché l’aver compresso i tempi della misura ha comportato una corsa, un vero e proprio assalto alla diligenza.
Infine perché le modalità di cessione del credito hanno comportato notevoli limiti, ormai prossimi ad essere raggiunti, nella capacità di accettare ulteriori crediti ceduti da parte delle banche e delle altre istituzioni finanziarie.
In sostanza solo lo 0.5% delle abitazioni, pare, verrà interessato da lavori riferibili al sismabonus o al superbonus.
Una frazione trascurabile!!
Oltretutto tipicamente abitata da cittadini mediamente piu’ acculturati e benestanti della media, per i motivi poc’anzi indicati.
Urge quindi una proposta che riprenda in mano gli interessi ambientali e strategici rispettivamente del pianeta e del sistema paese.
L’Italia è infatti fortemente dipendente dall’estero per l’approvvigionamento energetico e lo sarà ancora per lungo tempo anche attuando una politica di transizione all’energia rinnovabile la più possibile aggressiva.
Quindi appare vitale intervenire rapidamente ed efficacemente sul fronte della riqualificazione e rigenerazione edilizia, ma con norme che siano agili, facilmente comprensibili ed affrontabili da parte dei cittadini.
Partiamo da una evidenza: né all’ambiente né al paese importa, da un punto di vista funzionale, COME si arrivi a consumare meno energia da fonti fossili ed a conseguire un dato risultato in termini di emissioni di CO2: importa che il risultato sia reale, verificabile in modo semplice, duraturo nel tempo.
Ecco quindi che appare opportuno concepire un nuovo SUPERECOBONUS 2.0 a partire proprio dai kg di CO2 per anno, dal metano consumato, verificabili direttamente a partire dai consumi ex ante ed ex post intervento.
Ovviamente questo è possibile anche quando si risparmia energia elettrica ( Basandosi sul mix energetico medio di produzione della stessa) o quando si passa dal metano all’elettricità. In tutti questi casi il cittadino si impegna a limitare i suoi consumi ed a mantenerli al di sotto di quanto dichiarato, per un periodo che dovrebbe andare da cinque a venti anni e ne riceve un credito fiscale in proporzione al taglio delle emissioni ottenuto.
Interessa il risultato, che andrà mantenuto e confermato anno dopo anno, non come ci si arriva.
Appare infatti piuttosto illogico l’enorme proliferare di certificazioni, asseverazioni, verifiche, etc del meccanismo attuale.
Perchè l’ente controllante, Agenzia delle entrate, potrà solo verificare l’esistenza di tutte le certificazioni richieste e della reale esecuzione dei lavori ma non già l’effettivo miglioramento ottenuto che dipende non tanto e non solo dai materiali utilizzati e lavori fatti, ma dalle modalità con cui vengono realizzati gli interventi.
Il Super Ecobonus 2.0 intende semplificare fortissimamente l’approccio e ribaltarlo: valutato il costo, in termini monetari per il sistema paese, di un kg di CO2 emesso, o di un metro di cubo di gas consumato, si intende retrovertire questo costo al cittadino che si impegni a ridurre i suoi consumi residenziali, in maniera verificabile, per un periodo da determinare ma che potrebbe essere da ventennale a decennale. Sotto forma di sgravi fiscali cedibili senza limite.
Niente complicazioni e certificazioni. Semplicemente un controllo costante e mensile sul 100% dei richiedenti.
Come?
Nel modo più elementare, sulla base delle bollette luce e gas.
Infatti chi accede al Superbonus 2.0 accetterà di entrare in un regime sorvegliato: i suoi consumi dovranno essere congruenti con la riduzione dichiarata, a pena di cessazione immediata del beneficio.
Fine dei furbetti e fine delle false certificazioni etc etc.
Il controllo sarà certo ed immediato ma verrà data piena libertà all’animal instict del singolo.
Se, per paradosso qualcuno riterrà di ottenere i contributi a fronte di una semplice rinuncia alla climatizzazione della casa, anche questo sarà accettabile.
Come scritto al pianeta ed anche al sistema paese interessa poco come si arrivi a conseguire il risultato di ridurre emissioni e consumi di energia da fonti fossili: basta che lo si faccia DAVVERO.
Ma QUANTO varrebbe, ipoteticamente un contributo del Superbonus 2.0?
Innanzitutto sarebbe opportuno riconoscere un bonus pari al costo di mercato pagato dall?Italia attualizzato sulla media degli ultimi 5 anni ( per esempio) per ogni metro cubo di metano risparmiato rispetto alla analoga media sugli ultimi cinque anni, delle bollette.
A titolo di esempio , passando dalla classe G alla classe C un appartamento di 100 metri quadri risparmia circa 1000 Metri cubi di metano all”anno.
Se il prezzo medio del metano sul mercato europeo negli ultimi cinque anni è, per dire di 38 euro/MWh, ovvero circa 40 centesimi a Metro cubo, verrà riconosciuto 400 euro/anno per dieci o venti anni.
Inoltre verrà riconosciuto un bonus pari al costo economico di ogni Kg di CO2 risparmiato.
Qui il conto è più difficile:
A parte che esiste un costo ambientale anche per il metano casalingo ( vi sono perdite, per quanto piccole cfr https://www.nature.com/articles/s41586-021-03386-6#:~:text=The%20social%20cost%20of%20methane%20(SC-CH4)%20measures,policies1%2C2%2C3.)
anche sul costo economico del danno ambientale causato da ogni kg di CO2 emesso si varia ampiamente.
Un interessante doc, un poco datato, 2015, definisce il valor minimo.
Pone il costo ambientale sopra a 37 dollari a tonnellata ( e vorrei vedere!!) il valore deciso dal governo USA… sotto Trump. https://www.edf.org/sites/default/files/expertconsensusreport.pdf
I valori riportati dall’IPCC sono MOLTO più alti ed oscillano selvaggiamente da 200 a 2000 $ a tonnellata cfr. https://en.wikipedia.org/wiki/Social_cost_of_carbon
Se rimaniamo al risparmio di 1000 MC CH4 citato prima, come esempio tipico, Questi si traducono in circa 2 tonnellate di CO2 risparmiate.
Io sarei per considerare un valore alto, diciamo 1000 euro/tonnellata. Quindi circa 2000 euro/anno.
Ricordiamoci però, l’abbiamo visto, che ristrutturare grazie al bonus NON è un costo ma un beneficio, Keynesiano, per il sistema paese.
Ed anche questo deve essere retrovertito in qualche misura.
Anche se non è facile calcolarlo, io sarei per valutarlo come una proporzione almeno equivalente.
Secondo un coefficiente moltiplicativo su base keynesiana.
Ad esempio partendo da un moltiplicatore 3.5 Keynesiano si potrebbe ritenere congruo un coefficiente 2 da applicare agli sgravi.
Quindi il beneficio riconosciuto sarebbe di 2*(400+2000)= 4800 euro/anno, una cifra ottenibile in solido, per venti anni verrebbero 96mila euro/anno, esattamente come l’attuale superbonus, ma decurtata ad esempio del 20%, oppure a copertura di un mutuo con rata annuale di pari importo, 96mila euro, erogato da cassa depositi e prestiti.
In caso di scostamento dai valori attesi dei consumi partirebbe un richiamo, in caso di un secondo scostamento verrebbe sospeso il mutuo. Che verrebbe ripreso solo a seguito di una verifica da parte di un perito… etc etc.
La novità rispetto alla situazione precedente?
-Che si parte dai risultati OTTENUTI per riconoscere il bonus. Le dichiarazioni fallaci, o tout court false, i lavori mal eseguiti etc, si riflettono direttamente ed immediatamente sul bonus riconosciuto.
L’Agenzia delle entrate si era presa come impegno di controllare almeno il 2% delle pratiche di Superbonus, limitandosi tuttavia alla presenza di tutta la documentazione e quindi non entrando nel merito dei lavori concretamente eseguiti. Questa piccola rivoluzione copernicana offre invece la certezza del controllo e la certezza del parametro da considerare.
-Che si può pianificare un miglioramento incrementale e non rigido.
-Che niente vieta di migliorare la situazione gradualmente, che si evitano complicate asseverazioni che peraltro non garantiscono il risultato e ci si basa invece proprio sul risultato, non importa come raggiunto ( entro ampi limiti: non sarà permesso ovviamente bruciare pellet in città etc etc).
-Che non si stabiliscono barriere, blocchi, balzelli, certificazioni, asseverazioni, decine di adempimenti tecnici e burocratici che finiscono per drenare una buona percentuale delle risorse messe a disposizione, senza far risparmiare nemmeno un kg di CO2.
Si responsabilizza il cittadino: In cambio di un vantaggio economico importante, lo si vincola ad un comportamento responsabile, in cui risponde per il cattivo uso delle risorse.
Essendo il controllo immediato, totale e NON a campione, ma sul 100% delle richieste, resta poco spazio per i furbetti. (7)
Nel Luglio del 2020, grazie ad una lungimirante iniziativa dell’Onorevole Fraccaro, è stato approvato il primo di una lunga serie di decreti che hanno disegnato un nuovo percorso di efficientamento dell’edilizia privata italiana.
Lo scopo era almeno triplice:
1) Rispettare gli impegni internazionali presi dal nostro paese, in termini di riduzione delle emissioni climalteranti
2) Ridurre l’impatto della bolletta energetica sul sistema paese e sulle famiglie
3) Ridare ossigeno ad un’economia praticamente fermata da un anno di emergenza covid.
La strada indicata dal decreto era rivoluzionaria sotto molti profili:
Per la prima volta si prendevano esplicitamente in considerazione tutte le misure tecniche concretamente attuabili per migliorare l’efficienza energetica di un edificio;
Si imponeva il raggiungimento di un livello minimo di efficientamento ( due classi energetiche), si definivano interventi trainanti e trainati.
Si copriva il 110% della spesa, con l’intenzione, espressamente dichiarata, di consentire, in termini economici, la cessione del credito con un margine sufficiente a coprire i costi finanziari diretti ed indiretti di cessione.
La misura ha avuto un successo immediato, pur tra molte perplessità interpretative, che hanno imposto successive e numerose revisioni.
Le successive precisazioni, correzioni, interpretazioni, intervenute nel tempo, hanno cercato di rispondere alle problematiche ed ai dubbi interpretativi sorti nell’applicazione concreta, che ha visto spesso in difficoltà professionisti le imprese, i committenti ed anche l’agenzia delle entrate, chiamata a svolgere un compito interpretativo di una norma tecnica, per il quale non era ovviamente vocata.
Inoltre, l’entusiasmo suscitato dalla opportunità offerta dal Superbonus, insieme agli evidenti risultati positivi della sua applicazione, in termini di crescita del PIl e dell’occupazione, hanno praticamente imposto, ad un governo non sempre del tutto favorevole e volenteroso, di prolungare il superbonus anche per il 2022 e, per molte tipologie di edifici, il 2023.
Dopo un anno e mezzo dalla sua nascita, è tempo di fare il punto della situazione:
Cominciamo dall’aspetto che è universalmente ritenuto più rilevante: il costo della misura.
La corte dei conti ( link) ha accertato che il superbonus, lungi dall’essere un costo per lo Stato, è una misura che produce un bilancio POSITIVO per le casse dello Stato: rende più di quanto costi.
Come è possibile?
In breve: facendo emergere ogni singola voce di spesa, evita il sommerso, piuttosto diffuso nel settore edile e, nell’immediato, sotto forma di imposte ed Iva, recupera una buona percentuale del credito appena erogato.
Ma vi è di più.
Ovviamente quanto incassato dalle imprese edili, dai fornitori, dai dipendenti dei soci delle dette imprese viene in buona parte utilizzato per l’acquisto di beni necessari al funzionamento dell’impresa ed alla vita dei titolari, dei professionisti e dei dipendenti. Le persone occupate, tendenzialmente, aumentano.
L’aumento dei consumi di questi soggetti si traduce in aumento di fatturato per i loro fornitori e così via.
E’ il cosiddetto moltiplicatore del reddito, di Keynesiana (1)memoria: ogni misura che incide sulla spesa pubblica ha un effetto più che proporzionale sul sistema paese, qualora, ovviamente, sia una misura che si traduca in un aumento delle attività reali del paese.
E’ questo moltiplicatore Keynesiano quello che, alla fine, fa rientrare con ampio margine nelle casse dello Stato quanto in apparenza versato a fondo perduto, sotto forma di credito d’imposta, il famoso 110%.
Un documento recentissimo della Banca d’Italia (2) stima il valore di questo moltiplicatore sul lungo termine tra 2.8 e 5, in dipendenza delle modalità con cui vengono investite le risorse pubbliche.
La Corte dei conti (3) ha stimato che il superbonus potrebbe ” costare” circa 23 miliardi allo Stato. in realtà siamo diretti verso i trenta miliardi, già ora.
Ma è DAVVERO un costo per lo Stato? ovviamente no, per quanto anzi detto ma anche a verifica: il cresme ( 4) ente nazionale di ricerca e studio nel settore delle costruzioni, ha stimato che tutti i bonus edilizi finora erogati abbiano generato un UTILE per lo Stato di 25 miliardi (5). A monte di: Minori introiti ( detrazioni) per 165 miliardi, maggiori imposte ( iva irpef irpeg etc) per 131 miliardi ed altre varie poste ed effetti, fino ad arrivare all’utile indicato.
Senza contare quelli indotti dalla maggiore occupazione.
Sulla base di questi studi, non è improbabile che il superbonus finisca per almeno ripagare il suo costo, senza considerare, ovviamente, i vantaggi in termini sociali ambientali e strategici per il paese.
Ma è la migliore misura possibile? Beh… ovviamente no.
Le ultime notizie danno il superbonus rinnovato fino al 2023 per le case popolari e al 2022 per gli altri. Ad esclusione delle case unifamiliari, per le quali sarà previsto un tetto al reddito isee, si parla di 40.000 euro.
Il superbonus 110% e’ la singola misura più importante per l’economia e la transizione. A patto, naturalmente, che si evitino sovrapprezzi, lavori approssimativo, certificazioni false etc etc.
Infatti, tra IVA, irpef ed IRAP, più gli altri mille balzelli, i supposti alti costi della misura vengono immediatamente recuperati per oltre il 50%. L’aumento del fatturato nelle piccole e piccolissime imprese, quelle che tipicamente lavorano nei piccoli condomini e sulle villette, si traduce in aumento dei consumi, parola che odio, diciamo della spesa dei titolari e dei dipendenti, che a loro volta aumentano di numero, ovviamente.
Più occupati, più pil, più tasse ( il superbonus impedisce l’evasione, ovviamente). Di fatto, dopo un paio di giri, l’intera cifra stanziata, qualcosa di più, qualcosa di meno, ritorna allo Stato, dopo aver, nel complesso, diffuso benessere nel paese. I consumi energetici delle famiglie interessate dai lavori diminuiscono di una % compresa tra il 50 ed oltre l’80%. Il che si traduce in un risparmio netto per il sistema paese, che, come noto, importa oltre il 90% delle sue risorse energetiche dall’estero.
La cosa ha anche un ruolo strategico: l’indipendenza di un paese, in un mondo dove le prossime guerre saranno guerre per le risorse, e’ prima di tutto energetica. Senza contare l’ambiente, ovviamente.
In questo contesto, su oltre 200 miliardi di recovery fund, se ne è inteso dedicare ben meno del 10% a questa voce ed in finanziaria le cose andranno pure peggio. E’ chiaro che non si rietiene questa misura particolarmente utile. Per ridurre gli investimenti, però, era necessario scompaginare il fronte, piuttosto compatto, dei partiti a favore, praticamente tutti.
Altrimenti sarebbe troppo evidente comprendere chi comanda davvero, dietro l’intenso gioco di gambe delle marionette sul palco. Quindi si è inventata la storia delle ville e villette. Innanzitutto, bene sapere, le ville e gli edifici censiti come di lusso, sono GIA’ESCLUSI dal superbonus e fin dall’inizio. Restano quindi gli edifici unifamiliari. Quasi un quarto degli italiani vive in edifici unifamiliari non accatastato come edifici di lusso.Certo: ci saranno anche imprenditori e professionisti dagli alti redditi. Ma la maggior parte sono persone normalissime, forse con stipendi appena più alti della media, buona parte imprenditori agricoli ( contadini, se volete) piccoli commercianti, quadri di qualche impresa, piccoli funzionari, giovani professionisti, pensionati. Forse saprete che anche la casa di proprietà contribuisce al reddito isee, per una percentuale anche assai elevata, specialmente per i redditi piccoli. Di fatto vivere in un villino di proprietà, con un reddito di 15-20.000 euro sara’ probabilment sufficiente per essere esclusi dal superbonus, se, come probabile, il tetto sarà di 40.000 euro di reddito ISEE. Spero che abbiate presente di cosa, tipicamente stiamo parlando. NON le ville: le villette.
Abbiamo tutti negli occhi la tipica villetta, tipicamente anni ‘60/70. Possiamo disegnarla, ad occhi chiusi: semplice telaio in cemento armato, muri di tamponatura in foratini, infissi economici, raramente in legno, più spesso in alluminio anodizzato, tetto non coibentato, riscaldamento a gas, di solito senza caldaia a condensazione…Un monumento all’inefficienza. Magari ci vivete. Magari ci avete vissuto. Nel caso, saprete come le spese di riscaldamento, specie se state al nord, sono quasi insostenibili e vi preparate a rinunciare ad ogni spesa voluttuaria o meglio, non indispensabile, per coprire gli aumenti del prossimo inverno.
Il motivo è ovvio: un edificio isolato di una determinata cubatura ha almeno il doppio di superficie esposta rispetto ad un identico immobile in un condominio. Data la qualità media del costruito e la inesistente attenzione al risparmio energetico di cinquanta anni fa, i suoi consumi oscillano tra il doppio ed il triplo di un appartamento normale. La mia esperienza personale, in quel di Moncalieri, una quindicina di anni fa, al primo piano di una villetta, con una bella parete vetrata esposta a sud, era: il quadruplo.
Ancora: sui condomini, a maggior ragione sui condomini più grandi, con decine di appartamenti, le cifre che si possono dedicare alla coibentazione sono talmente enormi che di fatto agevolano i sovracosti e sono comunque anticipabili solo da grandi imprese, con le spalle ben coperte. Le piccole imprese edili sono escluse. Il contrario e’vero per piccoli condomini e villette unifamiliari. Quello è il regno delle piccole imprese. In termini di posti di lavoro creati, spero sia ovvio: mille volte meglio novanta singoli interventi su altrettanti villini che un unico intervento su un grande condominio da novanta appartamenti. La maggiore intensità di manodopera si traduce in un aumento dei posto di lavoro, aumento della spesa dei dipendenti, con la creazione di posti di lavoro, maggiori introiti per lo stato etc etc etc.
Quindi, a rigor di logica, gli interventi ultramilionari sui grandi condomini andrebbero contingentati ( basterebbe una modifica basata sui metri quadri efficacemente isolati e sui kg di CO2 risparmiati, facilmente calcolabili), quelli sui villini e in generale gli edifici minori, fortemente incentivati.
Se lo scopo e’ quello di massimizzare il risparmio energetico, se lo scopo e’ quello di massimizzare i posti di lavoro creati, questa sarebbe la strada.
La cosa e’ non sindacabile. La cosa e’ indiscutibile. Infatti, non viene ne sindacata ne discussa. Con una ipocrisia invereconda il dibattito sarà sul reddito isee di ingresso per avere diritto al superbonus MA solo per i villini.
Ovvero: il direttore di banca, che vive nel suo bell’attico di 200 metri quadri, insieme ai suoi benestanti condomini, magari in affitto, avrà tempo fino al 2023 per i lavori e gli verrà riconosciuto il superbonus. I milioni di italiani microborghesi che popolano gli analoghi milioni di villini, no.
Ripeto: una soluzione corretta esiste e dovrebbe partire dai kg di CO2 risparmiati all’anno. Il beneficio, anche monetario, e’ misurabile: un litro di petrolio, un metro cubo di metano, equivalgono a circa 3 kg di CO2, ordine di grandezza. Ci sono numerosi studi che indicano gli extracosti dovuti ad ogni kg di CO2 emesso in circa un euro. Benchè i valori ufficiali attuali, presi in considerazione nei piani strategici siano molto inferiori ci sono indicazioni che i costi in tali scenari sono fortemente sottostimati. Fra i tanti studi citerò QUESTO.
Risparmiare mille metri cubi di metano significa risparmiare ( ordine di grandezza) 3000 kg di CO2 di emissioni. Riconosciamo questo, su 30 anni, durata ragionevole e forse prudenziale degli interventi, prezziamo il danno ambientale sociale economico evitato in un euro al kg ( una stima che potrebbe perfino essere ottimistica, si veda lo studio precedente) ed otteniamo 90.000 euro. UN valore estremamente simile a quello attuale di 96mila euro. Niente più complicazioni: % di superfice coibentata, certificazione degli infissi, valori di riflettanza dei materiali etc etc etc
CONTA IL RISULTATO, liberamente ottenibile. La stima certificata dei consumi prima e dopo l’intervento, Una cosa che peraltro discende, DIRETTAMENTE dalla certificazione energetica, ugualmente già necessariamente asseverata nel superbonus attuale.
La cosa sarebbe semplice, elementare, verificabile ( consumi energetici prima e dopo l’intervento) equanime, applicabile ad ogni edificio, escluso quelli di lusso, naturalmente. Applicabili ad interventi modesti e meno modesti o addirittura di demolizione e ricostruzione. In questo modo scopriremmo che la riduzione che si ottiene con la coibentazione die famosi 90 villini di cui sopra è un multiplo importante di quella che si ottiene con un grande condominio da 90 appartamenti, stessa superfice. Si allocherebbero con maggiore giustizia i fondi disponibili.
Si massimizzerebbe il risultato, oltretutto restituito in termini semplici per l’analisi costi/enefici conseguiti.
Anche perchè il bailamme di certificazioni asseverazioni etc etc attuale scoraggia gli interventi minori, onera di lavoro peraltro ben rietribuito i profesisonisti, aumenta la probabilità di errori, furbate, extracosti.. Più si tengono le cose semplici più aumenta la possibilità di controlli efficaci, addirittura in remoto, con la semplice verifica dei consumi prima e dopo l’intervento…
L’uovo di Colombo dite? Semplicistico, dite? Può essere.
Ma l’uovo di Colombo, dopo tutto, era una grande quanto semplice idea.
Avete sentito parlare dell’autonomia differenziata delle Regioni, introdotta insieme al documento di aggiornamento della programmazione finanziaria, la misteriosa ( per i normali cittadini) NaDEF nella notte tra il 29 ed il 30 Settembre?
No, vero?
Beh, OVVIAMENTE, lo scopo di aggiungere DI NOTTE, a bozze già inviate alle redazioni in modo da fargli “bucare” la notizia, come collegato al Nadef e quindi votato insieme ad esso, un disegno di legge che, come mille e mille giaceva nel parlamento da anni, è ESATTAMENTE questo: non farne parlare, in modo più assoluto.
Cosa succede con questo disegno di legge chiamato “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione” ?
Si conferisce alle Regioni sulla tutela della salute (ed anche sulle altre materie) potestà legislativa esclusiva sottraendola alla potestà legislativa concorrente del Parlamento, oggi competente per la determinazione dei principi fondamentali.
In sostanza questo disegno di legge consente una autonomia regionale TOTALE sulla gestione dei fondi e sulla fornitura di prestazioni sanitarie, dagli stipendi alle prestazioni: ogni regione dovrà arrangiarsi in proprio.
Di fatto, avremo 21 Sistemi sanitari regionali e non più uno nazionale.
Con caratteristiche di accesso diseguali per i cittadini, con contrattualistiche diseguali per i dipendenti e non coerenti neppure sui principi fondamentali.
La volontà politica del governo e della sua maggioranza di confermare il perseguimento dell’autonomia regionale differenziata, così aumentando le già gravi sperequazioni esistenti tra una regine e l’altra è evidente.
Peraltro, siamo già al paradosso di miliardi euro che i cittadini delle Regioni più povere versano alle Regioni ricche, del Nord, per accedere ai migliori serivzi di quelle regioni.
Ora, con la NaDEF 2021, non vi è esolo il DL appena citato, approvato come collegato: si prevede una riduzione di finanziamenti del SSN tra il 2021 ed il 2024, resa ancor più devastante dalle previsioni/tendenze inflazionistiche che caratterizzano secondo le autorità finanziarie e gli osservatori la ripresa economica post Covid-19, (quindi incremento dei costi di produzione dei servizi sanitari!) . L’ennesimo colpo finale al SSN pubblico.
Altro che “indizi” di privatizzazione, come qualcuno ha scritto.
Qui si evidenzia un lucido disegno di demolizione del SSN, strumento di tutela della salute uguale su tutto il territorio nazionale e “per tutte le tasche”, e sua graduale ( nemmen tanto) sostituzione con un sistema in mano ad oligarchie private e amministrazioni regionali compiacenti.
E’ un disegno cinico, velleitario e fallimentare, se l’obbiettivo è una sanità di qualità per tutti i cittadini, come la sindemia Covid-19 ha ampiamente dimostrato.
Una schifezza, senza equivoci, da qualunque parte uno la voglia vedere.
Chi si è cimentato su questo tema, peraltro pochi media nazionali, ha parlato di una non ben precisata “”manina”.
Beh, sarebbe bastato andare a cercare: la manina ha nome cognome e carriera politica, insieme ad altri cofirmatari.
Non c’è che dire: un provvedimento opportuno, puntuale, popolare, di sinistra, democratico, socialmente necessario.
Una porcheria invereconda, apppunto, di cui vi accorgerete, tra mesi, anni, ogniqualvolta non troverete un letto in corsia, non riuscirete a fare una analisi, nemmeno a fissare un appuntamento, urgente o meno.
Come dite? Che questo già succede?
Si, ma, come tanti, avrete pensato che fossero disservizi.
Non è così, purtroppo e queste manine ne sono la prova.
Diciamo che a chiamare queste manovre porcheria si fa torto ai maiali, animali intelligenti, usi a rotolarsi nel fango, ma prevalentemente per liberarsi da parassiti, zecchie, pidocchi, pulci ed altre infestazioni.
Ecco: più che porcherie, direi roba da parassiti dei suddetti porcelli.
Intanto tra i primi due post e questo, sono uscito con un altro articolo su Italia che cambia, che descrive la cosa in modo ” terzo” qui il link.
Una volta buttato il sasso, analizziamo la cosa, come promesso.
Cominciamo dal Decreto Legislativo 28/2011.
Ma è DAVVERO vigente, con la sua carica ” rivoluzionaria”?
Intanto, ecco qui una sentenza, recentissima, della Corte Costituzionale che ne ribadisce non solo la vigenza ma la subordinazione delle leggi regionali a quanto in esso stabilito.
Nella sentenza, proprio sulla base della vigenza del decreto legislativo 28/2011 vengono annullati una serie di articoli di una legge regionale, che ponevano vincoli rigidi alla realizzazione di impianti eolici su crinali della Regione, un tema delicato.
Ma vi sono ovviamente numerosi riferimenti in rete.
Sintesi: per quanto mi risulta ( peraltro sono in ottima compagnia, come ho esemplificato)
E’ VIGENTE !!!!!
Ecco qui a quali edifici, ancora oggi, si applica il decreto:
edifici di nuova costruzione, intesi come nuova realizzazione di immobili dotati di impianto di riscaldamento ma anche come ampliamento di edifici la cui nuova porzione climatizzata avrà un volume superiore del 15% della porzione preesistente;
edifici sottoposti a ristrutturazione rilevante, intesi come immobili esistenti aventi superficie utile superiore a 1000 metri quadrati, soggetti a ristrutturazione integrale degli elementi edilizi costituenti l’involucro oppure edifici esistenti soggetti a demolizione e ricostruzione anche in manutenzione straordinaria.
Come si vede: la cosa RIGUARDA PRATICAMENTE TUTTI GLI EDIFICI CON SUPERFICIE SUPERIORE A 1000 METRI QUADRI.
Ovvero praticamente tutti i condomini che abbiano più di una quindicina di appartamenti, che stanno usufruendo, hanno usufruito o vorrebbero usufruire dell’ecobonus.
In pratica, escluse le case singole, le casette a schiera e i piccoli condomini, probabilmente oltre i due terzi degli interventi, come importi dei lavori!!
A parte questo, ricordo che il dlgs NON fa differenza tra edifici residenziali ed altri edifici:
Art. 11. Obbligo di integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione e negli edifici esistenti sottoposti a ristrutturazioni rilevanti I progetti di edifici di nuova costruzione ed i progetti di ristrutturazioni rilevanti degli edifici esistenti prevedono l’utilizzo di fonti rinnovabili per la copertura dei consumi di calore, di elettricità e per il raffrescamento….
Visto? EDIFICI, non edifici residenziali. TUTTI gli edifici, compresi centri commerciali, uffici, industrie…
Ma quanto è grande il problema? Rispondere richiederebbe una analisi complessa che esorbita dalle forze di un blogger, sia pure volenteroso, ma almeno un ordine di grandezza potremmo riuscire ad ottenerlo:
12 milioni 566 metri quadri di nuovi edifici non residenziali e
4 milioni 860 metri quadri di edifici residenziali nuovi.
Nel 2019 quanto può valere coprire i fabbisogni energetici indicati dal dlgs 28/2011? Poniamo una classificazione energetica di tipo C, che è CERTAMENTE ottimistica, considerando centri commerciali, capannoni etc etc ed abbiamo i seguenti valori:
Classe energetica c: tra 51 e 70 kWh/Mq/anno.
Prendiamo il valor medio, 60kWh/Mq/anno.
Un impianto fotovoltaico medio, per coprire il 50% di questo fabbisogno ha bisogno di circa 25 Wp, 0,025 kWh installati.
Quindi ci attendiamo, per coprire il 50% dei fabbisogni energetici, che per il residenziale siano stati installati, ALMENO
0,025*4860000= 121,5 MWp.
Per gli altri edifici, per i quali, l’assunzione della classe C è ottimistica, abbiamo 314 MWp.
Il totale che avrebbe dovuto essere obbligatoriamente installato è di 435,5 MWp.
Questi sono quelli che riguardano solo gli edifici NUOVI. Come abbiamo visto, dovremmo includere le ricostruzioni e le ristrutturazioni rilevanti, per cui il valore che ci si dovrebbe attendere è almeno il doppio, se non il triplo, di questo.
Circa un GWp, ad essere ottimisti. MOLTO ottimisti.
Il Dlgs 28/2011, nell’allegato 3 indica come calcolare la potenza da installare per rispettare quanto stabilito nell’articolo 11: va installata una potenza in kWp pari ad 1/50esimo della superficie al piano terreno dell’immobile. Se abbiamo una ristrtturazione rilevante su un edificio di 1000 metri quadri, potenza minima da installare è di 20 kWp. Secondo i miei calcoli, classe C era di 25 kWp, non siamo lontani!!.
In pratica il decreto ha di fatto immaginato che le nuove costruzioni e le ristrutturazioni rilevanti siano ALMENO in classe B.
Ma torniamo a noi.
Andiamo a vedere il consuntivo degli impianti fotovoltaici installati nel 2019 visibile qui:
impianti da 0 a 3kWp: 44 MWp
da 3 a 20 kWp: 230 MWp
Da 20 a 200 KWp: 159 Mwp
da 200 a 1000 kWp: 91 MWp
da 1000 a 5000 kWp: 19 MWp
sopra i 5000KWp: 216 MWp
Il totale degli impianti installati in Italia nel 2019 è di 857 MWp.
SE tutte le ristrutturazioni e SE tutti gli edifici nuovi ricadono, mediamente, nella classe energetica C ( piuttosto opinabile, anzi: impossibile, considerando i capannoni industriali), come visto, dovremmo aspettarci OTTIMISTICAMENTE circa 1 GWp, 1000 MWp.
OVVIAMENTE non tutti gli impianti sono stati installati su tetti,e/o asserviti ad edifici, ovviamente NON tutti gli impianti sono stati installati su edifici superiori a 1000 Mq che realizzavano un cappotto o su tutti gli edifici di nuova costruzione e/o ricostruzione. Difficile senza una analisi puntuale ed approfondita, poter valutare quale sia la percentuale di impianti riferibili all’applicazione del Dlgs 28/2011, ma diciamo che mi stupirei se fosse superiore al 40% del totale installato.
Ovvero circa 360 MWp, un terzo di quelli attesi.
Se ci restringiamo agli edifici residenziali, per il quale si applica il cosidetto Ecobonus e quindi la questione, specie nelle zone dove esistono vincoli e limitazioni nei regolamenti comunali, è scottante, dobbiamo prendere in considerazione solo gli impianti più piccoli, quelli da 0 a 3 kWp e da 3 a 20 kWp. Questo perchè un impianto da 20 kWp occupa già circa 150 metri quadrati quindi è piuttosto vicino al limite tipicamente installabile sopra un condominio o negli spazi limitrofi.
La somma di questi impianti è di 274 MWp, quindi ragionevolmente superiore alle necessità DEL NUOVO. Se invece consideriamo le ristrutturazioni rilevanti, i cappotti condominiali, le ricostruzioni etc etc, dobbiamo più che raddoppiare il valore calcolato e il nuovo fabbisogno diventa 300 MWp.
OVVIAMENTE; molti impianti sono stati installati in situazioni che NON rientrano nelle fattispecie previste dal dlgs 28/2011, praticamente tutti quelli installati su edifici esistenti di superficie inferiore a 1000 metri quadri, oltre a molti altri installati senza la contemporanea realizzazione di un cappotto, sugli edifici più grandi.
E’ quindi probabile che il valore di 274 MW vada decurtato severamente,
per esempio, ottimisticamente, dimezzandolo.
Ecco che abbiamo un installato che ricade nell’ambito di applicazione del dlgs 28/2011 probabilmente non superiore a 130 MWp.
Rispetto ad esigenze, valutate in modo ottimistico, di almeno 300 MWp, nuovamente quasi il triplo di quanto effettivamente installato.
Complessivamente, se la stima è corretta, probabilmente è errata per difetto, mancano all’appello ALMENO 500 MWp di fotovoltaico, solo, nel 2019.
Secondo i MIEI conti, che cercano di rispettare la sostanza del Dlgs. Rispettando invece quanto indicato nell’allegato 3, considerando quanti sono gli edifci multipiano, probabilmente l’ammanco viene (legalmente ma scorrettamente!!!) decurtato. Forse dimezzato.
Tutti i valori sopra indicati sono ovviamente grossolani, opinabili, provvisori, servono solo ad individuare la dimensione della questione: centinaia di MWp non installati che invece avrebbero dovuto essere installati di legge, solo nel 2019.
Vi sono pochi dubbi che la cosa si sia ripetuta, anno dopo anno, dall’inizio.
Per ogni anno trascorso dal 2011 al 2021.
Si tratta, di GWp non installati, che dovevano ed ancora dovrebbero essere installati, per evitare la diretta conseguenza del mancato rispetto del DLGS 28/2011:
“L’inosservanza dell’obbligo di cui al comma 1 comporta il diniego del rilascio del titolo edilizio.“
Ovvero: tutti i titoli rilasciati ad edifici che non ottemperano a quanto previsto dal decreto, SONO NULLI.
Dal 2011 sono state realizzate oltre mezzo milione di nuove abitazioni.
Limitandoci a queste: quante decine o centinaia di migliaia sono, di fatto, abusive?
Quanti edifici di uffici?
Quanti centri commerciali?
Quanti edifici industriali?
E’ una questione enorme, che richiede di essere, dopo opportune verifiche, affrontata immediatamente.
Perchè il super ecobonus, che pure ha svariati commi in contrasto con il dlgs 28/2011 e quindi andrebbe rivisto in accordo, indica chiaramente la necessità di una totale conformità alle normi vigenti degli edifici a cui si intende applicare l’ecobonus o il sismabonus .
Laddove quindi, prevalentemente nel caso di condomini, si superino i 1000 metri quadrati di superficie utile lorda, SE si vuole realizzare gli interventi previsti dal superecobonus, è OBBLIGATORIO raggiungere ALMENO il 50% dei fabbisogni energetici del condominio ed i regolamenti comunali o le leggi regionali nulla possono ai fini del raggiungimento di questo obbiettivo. OVVERO, se vi è contrasto con i regolamenti comunali, questi possono ed anzi DEVONO essere disapplicati.
In pratica, questa è una nuova norma TRAINANTE e come tale DEVE essere indicata nella nuova versione del supercobonus.
E per il pregresso? per le centinaia di migliaia di edifici che di fatto hanno gravi problemi di conformità urbanistica, quando va bene, a causa del mancato rispetto del decreto?
E’ evidente che non ha senso criminalizzare milioni di cittadini e professionisti ed amministratori, spesso inconsapevoli. Sembra più sensato consentire interventi in deroga, con qualche limite nel caso di manifesta impossibilità materiale ( industrie energivore, condomini senza superfici sufficienti etc etc). Anche in questi casi comunque si deve indicare l’obbligo di raggiungere il massimo dell’energia e dell’installato concretamente ottenibile.
Piuttosto che realizzare un nuovo strumento normativo, conviene integrare queste casistiche all’interno del prossimo decreto di revisione del superecobonus, che già prevede eccezioni all’applicazione della regola di attività trainanti e trainate ( per le zone terremotate, ad esempio)
Vogliamo cambiare il mondo? Dimostriamo di voler fare sul serio.
Di fatto, DA SOLA, la necessità di ottemperare al dlgs 28/2011, potrebbe quasi raddoppiare l’installato previsto da qui al 2025 nel PNRR.
Nella precedente puntata avevamo visto che esiste un negletto articolo di un quasi negletto Decreto legislativo, il dlgs 28/2011, che imporrebbe di ricavare almeno il 50% del fabbisogno energetico di un edifcio di nuova costruzione o soggetto a risttrurazione rilevante da fonti rinnovabili.
Nel 99% dei casi, pannelli fotovoltaici. Di fatto miriadi di norme locali, comunali e regionali confliggono regolarmente con questo articolo rendendolo inoperante.
Per quanto possa sembrare strano che una disposizione di legge cosi importante per il futuro delle rinnovabili sia stata bellamente ignorata o quasi, ho potuto verificare che invece è ancora vigente: l’articolo 11 del dlgs 28/2011 è ancora vivo, operativo, tassativo, come vedremo in seguito, nella terza puntata, dedicata alle verifiche. Il punto dolente o cogente non sono tanto o solo gli edifici tutelati o in zone vincolate dalle norme di tutela del patrimonio artistico e paesaggistico, ma la molto piu’ ampia famiglia degli edifici in zone dove i regolamenti urbanistici ed edilizi vietano, di fatto, i pannelli fotovoltaici sul tetto o sul terreno, o pongono norme così stringenti da non renderli concretamente, installabili. Nel caso di Firenze per esempio, questo si verifica in un’ampia zona grossomodo corrispondente alla citta’ antica, ottocentesca e della prima metà’ del novecento, oltre un terzo del territorio edificato comunale, con residui vincoli pesanti anche nella altre zone.
Eco qui cosa si prescrive nel regolamento urbanistico, per tutto il territorio comunale:
Come vedete, è quasi impossibile adempiere a queste norme e contemporaneamente a quanto richiesto dall’Articolo 11 del Dlgs 28/2011
Nelle zone di collina, vigono ulteriori vincoli di tipo paesaggistico, che vietano l’installazione anche su edificato recente. Quindi la responsabilita’ non e’ tanto o solo, della Soprintentendenza, che si occupa dei vincoli, ma dei singoli comuni che avendo 180 giorni nel 2011, dieci anni fa, per adeguarsi non l’hanno fatto o, in non pochi casi, si sono adeguati a…gambero, cioè creando vincoli, prima non esistenti, per l’installazione. Come ho scritto, la battaglia, che sembrerebbe importante ma puramente normativa, diventa mostruosamente vitale, perché’ di fatto il non aver adempiuto al “famigerato” articolo 11 rende all’improvviso illeciti probabilmente decine di migliaia di permessi a costruire in tutto il paese ed il fenomeno potrebbe essere ancora piu’ grave di cosi’ e poi peggiorare ulteriormente, via via che le nuove costruzioni, le ricostruzioni e le ristrutturazioni rilevanti realizzate utilizzando il super ecobonus aumentano.
Infatti il superercobonus prevede una serie di rigorosi adempimenti, asseverazioni, ex ante ed ex post ed ovviamente il credito di imposta viene riconosciuto a condizione di una prefetta conformità dell’immobile interessato. Prima e dopo l’intervento. Ma, abbiamo visto in non pochi casi non è consentito dai regolamenti comunali o dai vincoli paesaggistici o da quelli dei beni culturali, installar epannelli fotovoltaici sul tetto.
In questo caso la conformità ex post non è possibile e quindi i crediti di imposta non sono richiedibili.
Si creano premesse per migliaia di dolorosi contenziosi, e la richiesta, magari dipo anni di restituire i crediti di imposta illecitamente ottenuti, non affrontando questa situazione!
Insomma: si rischia una catastrofe.
Ma, come diceva, il Merovingio in Matrix, dove gli altri vedono rischi, io vedo opportunità o, al massimo, costi.
Intravedo infatti un’opportunità’ importante, proprio con l’ecobonus.
ECCO LA MIA PROPOSTA in occasione delle varie norme di revisione e semplificatorie del Superercobonus, ricordata la necessità, per tutti gli attori, del rispetto del dlgs 28, alla lettera, si potrebbe prevedere un particolare capitolo IN SANATORIA.
In esso, in deroga al concetto di intervento trainante o trainato, si prevede che il fotovoltaico e gli altri interventi necessari a rendere conforme alla norma imposta dal Dlgs 28 2011 un dato edificio, ristrutturato in forma rilevante o costruito o ricostruito successivamente al 2011 e relativi interventi necessari, siano effettuabili anche senza altri interventi trainanti.
Insomma: il fotovoltaico , SOLO IN QUESTI CASI rigorosamente definiti, sarebbe un “intervento trainante”….per se stesso (gli altri interventi trainati come noto, sono tali perchè devono attendere un intervento trainante ordinario per essere sbloccabili) I fondi stanziabili ci sono, si tratta “solo” di aggiungere un capitolo di spesa ad un settore che ha gia’ finanziamenti pesanti previsti, confermati e confermandi fino almeno al dicembre 2023. Esistono gia’ canali privilegiati ed eccezioni previsti dall’attuale super sismabonus, previsti nelle zone terremotate: Si tratterebbe di inserire, verificata la correttezza di quanto da me qui riportato, anche questa nuova fattisipecie, limitataemnte agli edifici che rientrano nella categoria e, per ora, limitataemtne agli edifici residenziali.
Che, ricordo sono solo una piccola parte di quelli a cui l’articolo 11 si applica, ovvero TUTTI gli edifici dinuova costruzione o rilvante ristrtturazione.
SE avessi ragione, risolveremo un problema potenzialmente ENORME, una bomba in attesa di esplodere, per le amministrazioni e per i cittadini.Il decreto legislativo non lascia in apparenza spazio ad equivoci:
L’inosservanza dell’obbligo di cui al comma 1 comporta il diniego del rilascio del titolo edilizio.
Ne consegue che il rilascio di tali titoli, in inosservanza dell’ obbligo di installazione di impianti fotovoltaici in misura sufficiente, ha valore NULLO ed e’ per lo meno un illecito amministrativo se non qualcosa di piu’ grave.
Ne il cittadino, malcapitato, può scaricare la responsabilità’ sull’amministrazione autorizzante, perché l’obbligo del rispetto di legge cade sulle spalle di ambedue gli attori, in egual misura: ignorantia legis non excusat.
Senza contare naturalmente il progettista dell’opera, che avrebbe la sua quota di responsabilità’…
Insomma, SE solleviamo il can can, e DOBBIAMO farlo, se vogliamo davvero dare un futuro rinnovabile e sotenibile al nostro paese, dobbiamo anche immediatamente sedarlo, dando un termine per la messa in regola ed i finanziamenti per farlo, oltre una diffida urbi et orbi ad adempiere fedelmente, salvo rari e sporadici casi, da dimostrare uno per uno, per le opere future.
Nella prossima ed ultima parte, cercherò di dare una risposta ad un paio di questioni fondamentali, già ricorse tra le righe, in queste due prime parti:
il DLGS 28/2011 e il suo articolo 11, SONO VIGENTI e vincolanti?
In occasione della presentazione di un progetto di integrale ricostruzione di un villino anni ’70 lesionato, utilizzando sia il cosidetto Supersismabonus che il sempre cosidetto superecobonus, mi sono fatto una certa cultura in merito alle normative locali e nazionali che riguardavano la questione.
Dopo un lavoro di studio e preparazione non breve, siamo riusciti a tirare fuori un progettino che pare rispettare tutte le norme edilizie urbanistiche etc etc etc ed essere anche gradevole nel processo. De gustibus…. ma lo vedete come immagine di questo post.
OVVIAMENTE il nuovo villino verrà realizzato in classe energetica A4: Basterà l’equivalente di un litro e mezzo di petrolio al metro quadro, all’anno, come energia, per le esigenze energetiche della casa. Considerando il seminterrato e la soffitta nel conteggio dei metri quadri, arriviamo a circa 1000kWh come fabbisogno energetico per le esigenze di raffrescamento/riscaldamento/acqua termica sanitaria.
A questi si aggiungono circa altrettanti kWh pecome consumi elettrici per le utenze casalinghe e la cucina ( fuochi ad induzione, ovviamente).
Ovviamente, coibentazione di primo livello, impianti di ultima generazione. OVVIAMENTE fotovoltaico.
Ovviamente?
Forse.
Perchè siamo in zona sottoposta al vincolo paesaggistico.
Perchè il Comune ha stabilito che, comunque, i pannelli dell’impianto fotovoltaico devono essere ad un metro dal colmo, ad un metro dalla linea di gronda, ad un metro dai limiti laterali della falda… Ma noi abbiamo falde di poco più di due metri e quindi i pannelli nello spazio consentito non c’entrano!
In sostanza, a leggere il combinato disposto dei vincoli, delle norme dei regolamenti comunali e confrontarle con le dimensioni dell’edificio, sembrerebbe che non sia possibile installare pannelli fotovoltaici.
Fino a qui sembrerebbe una normale questione di quelle che capitano a tutti. Ma la circostanza di dover giustificare ex lege che avevamo non solo il diritto ma il dovere di installare i suddetti pannelli ( e di metterli praticamente su tutta la falda di sud est, quella che si vede a sinistra nella foto) mi ha portato a riesumare un noto quanto negletto decreto legislativo di dieci anni fa il Decreto legislativo 28/2011 Articolo 11.
Quel che ho letto mi ha fatto scoperchiare un calderone che ho riassunto, come prima parte, in un articolo che trovate pubblicato su ecquologia
Qui sotto lo riporto, rimandando alla seconda puntata per un approfondimento sulla dimensione della cosa.
Dlgs 28 2011, regolamenti comunali e fotovoltaico: assoluta necessità di una conferma
Un importante limite all’effettivo dispiegamento di tutto il potenziale del Superbonus è costituito dai regolamenti Comunali. Parlo per esperienza diretta della citta in cui vivo, Firenze, ma credo che il problema sia MOLTO diffuso. Vi sono intere aree urbane, spesso ben al di là del centro storico, dove di fatto non è consentito il fotovoltaico sui tetti. Questo, ovviamente, comporta e comporterà’ un forte rallentamento nell’installazione.
Molti Comuni, il mio tra i tanti, sono stati ondivaghi negli anni: quando il mio ex Sindaco era giovane e desideroso di raccogliere consensi “alla moda” attuò modifiche che permettevano, di principio, di installare praticamente ovunque, anche sui tetti di edifici a torre medioevali. Cosa successa, sia pure in un limitato numero di casi. “Crescendo” politicamente, diventò ovviamente più attento sia agli interesse delle varie lobbies contrapposte sia, banalmente al disinteresse dell’opinione pubblica, quando non ostilità’, ben fomentata, come sappiamo, da una campagna mediatica ai tempi martellante (2015 e successivi). Molti regolamenti sono figli di quegli anni ed ancora non sono stati adeguati a quello che potremmo chiamare, un rinascimento delle energie rinnovabili, se non fosse parola tragicamente svalorizzata da usi inopportuni, come quello fatto di recente, dal mio sempre troppo citato ex sindaco.
Eppure, almeno per gli edifici di nuova costruzione e per le integrali ricostruzioni, il Decreto Legislativo 28/2011 – Fonti rinnovabili e certificazione energetica parla chiaro e non lascia spazio ad equivoci o successivi decreti attuativi, per la sua implementazione: su questi edifici, nuova costruzione ed integrale ricostruzione, è OBBLIGATORIO, senza eccezioni, raggiungere una quota di almeno il 50 per cento di energia da fonti rinnovabili. I regolamenti comunali qualora non adeguati (nel termine di 180 giorni!) e in conflitto con questa norma sono superati.
Ecco il testo, VIGENTE, articolo 11 del suddetto decreto legislativo 28 2011
I progetti di edifici di nuova costruzione ed i progetti di ristrutturazioni rilevanti degli edifici esistenti prevedono l’utilizzo di fonti rinnovabili per la copertura dei consumi di calore, di elettricità e per il raffrescamento secondo i principi minimi di integrazione e le decorrenze di cui all’allegato 3. Nelle zone A del decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, le soglie percentuali di cui all’Allegato 3 sono ridotte del 50 per cento. Le leggi regionali possono stabilire incrementi dei valori di cui all’allegato 3. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano agli edifici di cui alla Parte seconda e all’articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, e a quelli specificamente individuati come tali negli strumenti urbanistici, qualora il progettista evidenzi che il rispetto delle prescrizioni implica un’alterazione incompatibile con il loro carattere o aspetto, con particolare riferimento ai caratteri storici e artistici.L’inosservanza dell’obbligo di cui al comma 1 comporta il diniego del rilascio del titolo edilizio.
Art. 11. Obbligo di integrazione delle fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione e negli edifici esistenti sottoposti a ristrutturazioni rilevanti
Come si vede nel sottolineato in neretto, perfino nel caso di ristrutturazioni rilevanti su edifici STORICI e notificati, l’obbligo persiste, l’onere della prova di non realizzabilità ricadendo sul progettista. Non solo, l’ultima riga evidenzia una cosa CLAMOROSA: “L’inosservanza dell’obbligo di cui all’articolo 1 COMPORTA IL DINIEGO DEL RILASCIO DEL TITOLO EDILIZIO”
Sappiamo bene che decine di migliaia di edifici sono stati edificati in questi anni, MOLTE decine di migliaia sono stati integralmente ristrutturati. Ma sappiamo che di questi, per i regolamenti comunali citati, solo una percentuale non particolarmente rilevante ha adempiuto all’obbligo. PURE i titoli edilizi sono stati rilasciati. Titoli, a tutti gli effetti, senza possibilità’ di equivoco, NULLI. Rilasciati ma non rilasciabili.
Questo assume ancora più rilevanza, veniamo al quotidiano, OGGI, in periodo di Superbonus. Infatti molti interventi, eventualmente unenti sismabonus ed ecobonus, ricadenti nelle aree dove non è consentito il fotovoltaico, oppure è consentito con vincoli tali da renderlo non realizzabile (ad esempio distanze dal colmo del tetto , dalla linea di gronda, dai limiti dell’edificio superiori a quelli disponibili per il montaggio dei pannelli) rientrano nella categoria delle “ristrutturazioni rilevanti”.
La tentazione, all’analisi dei regolamenti, di progettista e proprietario sarà come è finora stata, quella di non intentare una guerra solitaria con le normative comunali ma di accettare di adempiere, non installando. Il risultato, come enunciato, è che tutti gli edifici così realizzati o ristrutturati NON sono conformi alla legge ed i titoli rilasciati hanno valore nullo. Questo, di per sé grave, è addirittura esiziale nel caso degli interventi realizzati secondo le regole del superecobonus o sismabonus. In caso di controllo infatti, non essendovi le conformità’ richieste dalla legge al momento della richiesta ed eventuale cessione del credito, il credito viene cancellato, salvo maggiori e più gravi conseguenze legali e penali.
INSOMMA: tra le norme di adeguamento in studio dovrebbe essere inserito un paragrafo che ricorda la rigorosa applicabilità dell’articolo 11 del dlgs 28 2011, a prescindere ed al di sopra delle norme locali, sia per consentire una più rapida ed agevole installazione di impianti fotovoltaici, sia per evitare letali moli di contenzioso ex post, tra un paio di anni quando, ragionevolmente scatteranno i controlli di conformità.
Sembra strano che in un decreto ministeriale o legislativo si debba ricordare l’applicabilità di una legge vigente. Nei fatti, non solo è necessario, ma vitale.
Mi scuso per la lungaggine e, eventualmente, per gli addetti ai lavori, per aver evidenziato qualcosa di ovvio.